La Fula di Villette
In Val Vigezzo esistevano tempo fa, più di una quarantina di mulini. Ogni comune o paese ne possedeva almeno uno. Si trattava di mulini comuni, tutti idraulici, per macinare segale, castagne e granaglie in genere. Tutti i corsi d'acqua, anche i più esigui venivano sfruttati, talvolta per pochi mesi all'anno, perché tra siccità estive e geli invernali, i mulini restavano forzatamente inattivi per lunghi periodi.
Esistevano anche diverse segherie e torchi mossi dalla forza idraulica. Più rare erano invece le "gualchiere", sorta di marchingegni per trasformare tessuti di lana in panno o mezzalana mediante un trattamento detto "follatura".
Info utili
Accessibilità
Struttura non agibile e non visitabile
Pubblicazione
⬇️Scarica in formato PDF la pubblicazione in merito alla Fula di Villette
Anche Villette possedeva due mulini, uno di proprietà Bonzani Lorenzo, mentre l'altro, posto poco più a valle del primo, era detto "dello Skidlat". Come già accennato il mulino dei Bonzani fu riattato e la mola per la macina fu sostituita con un marchingegno di diversa specie, costituendo la seconda "Fula" vigezzina. Realizzarla non fu facile, raccontano i nipoti del Lorenzo, Natalina e Lorenzino tutt'ora viventi. Il loro nonno ed il papa Giulio si recarono a Crana dai Ceroni per poter assumere informazioni e misure della fula funzionante al fine di riprodurla.
Fu un fiasco: il proprietario negò loro qualsiasi informazione vantando l'esclusiva della produzione del panno, negando altresì la decessione del "brevetto"; 'se volete fare una fula, ebbene fatela, ma arrangiatevi da soli" disse loro. Cacciati in malo modo i due tornarono a Villette amareggiati.
Si recarono a Ceppo Morelli. Qui ebbero fortuna: il proprietario, non solo diede loro le informazioni,
necessarie, ma li ospitò per l'intera giornata. Per alcune settimane nella "val da cà" echeggiarono colpi d'ascia, fruscii di seghe (tronconi, trentine) colpi di scalpello e batter di chiodi.
I rari passanti che andavano e venivano da Re potevano vedere all'opera l'intera famiglia Bonzani.
Poco per volta la ruota prese forma, sorse il condotto per addurre l'acqua alle pale, vennero ultimati i vari marchingegni all'interno del fabbricato e finalmente in una notte d'autunno i Villettesi udirono per la prima volta un rumore diverso: non più il cigolio del mulino o lo strisciare delle mole, bensi un gagliardo quanto assordante martellare. Era la fula che emetteva i suoi primi "vagiti". E così un'altra attività andava ad aggiungersi alle già numerose svolte da questa intraprendente famiglia. Pochi anni dopo, in seguito ad un incidente che distrusse il complesso simile di Crana, la mole di lavoro aumento.
Essendo rimasta quella di Villette l'unica gualchiera esistente doveva supplire alle esigenze di tutta la Valle Vigezzo e della Val Cannobina. Per la verità il proprietario del complesso bruciato venne dai Bonzani per avere i dati necessari alla ricostruzione, ma gli fu reso pan per focaccia. Così la guarchiera di Crana non fu mai più ricostruita.
In quei tempi non si usava eseguire disegni o prendere appunti tecnici relativi a questi macchinari: essi venivano costruti solo su indicazioni degli anziani della Famiglia. Qualora un pezzo si fosse guastato
veniva riprodotto fedelmente e sostituito.